mercoledì 20 ottobre 2010

15 febbraio 2010 - educazione alla montagna.. secondo il mio parere..

15 febbraio 2010

educazione alla montagna..secondo il mio parere...

 
Non credo, come ho già detto in precedenza, che si possano risolvere tutti i problemi con la repressione. I divieti possono servire ma solo in certi casi, in altri bisogna cercare in altre vie la soluzione. E qui sta il difficile. Vietare è facile.
Nel caso specifico vorrei riflettere sul progetto portato avanti in parlamento che voleva inserire il “divieto del fuori pista”, emendamento respinto dal Senato per "non legiferare sull'onda dell'emozione".
Ora c’è però il rischio che non se ne farà più nulla fino a che la neve si tingerà di nuovo di rosso.
Serve un’attenta riflessione su questo tema e forse io scriverò cose scontate, con il rischio di scoprire l’acqua calda.
Per prima cosa bisogna considerare che con il divieto assoluto di fare fuori pista si va a stroncare un altro sport ancora più antico dello sci alpino, ovvero lo scialpinismo.
E le ciaspolate? O le escursioni su un sentiero innevato a piedi? Possono essere considerata come attività svolta al di fuori delle piste battute, quindi vietate? Ma al di là di questa interpretazione estensiva e limitandoci solo al divieto di sciare (sci alpino e scialpinismo) con il divieto si arriva veramente a risolvere il problema?
Il divieto diventa solo una semplice, veloce e comoda scorciatoia che però va a ledere il diritto di altri sciatori amanti della montagna che seguono le regole e non mettono in pericolo nessuno.
Facciamo questa riflessione e domandiamoci: davvero il fuori pista è il vero pericolo?
Secondo me no. Il vero pericolo arriva da chi sciando al di fuori delle piste battute non segue le regole della montagna.
Queste regole ci sono già e se seguite diminuiscono di molto il pericolo (dico diminuiscono perché il pericolo in montagna è sempre dietro l’angolo sia d’estate, sia d’inverno, ma non per questo non è giusto etichettarla come “montagna assassina”), per cui che serve un divieto?
Inoltre anche se si arrivasse al divieto qualcuno andrà lo stesso a fare il fuori pista. Come si può anche solo pensare che sia possibile effettuare i controlli? Dispieghi forze di polizia ovunque? Impossibile. Non ci sono neanche ora dove servono…
E sulle piste??? Anche qui c’è da riflettere. Già ora alcuni sciatori continuano a fare i pazzi sulle piste indisturbati. Anche sulle piste ci sono i pirati della neve che non vengono quasi mai pizzicati. È giusto? No!
Ripeto, io non pratico fuori pista o lo scialpinismo ma conosco la montagna e credo che solo con una maggior coscienza degli stessi sciatori si può evitare tutto ciò. Una maggiore informazione, una maggiore responsabilizzazione e facendo capire alle persone che la montagna devi rispettarla, amarla e conoscerla.
Secondo me il vero problema in questo caso è che la maggior parte di chi esce dalla pista lo fa senza capire e senza sapere i reali pericoli delle proprie azioni, non dico tutti ma la maggior parte finisce per prendere sottogamba la cosa.
Si finisce così per considerare semplicemente il sciare fuori pista come una cosa alternativa allo sciare in pista. E tra l’altro un’alternativa molto più divertente. Non sono coscienti dei reali pericoli e che se non si rispettano regole fondamentali si finisce per commettere errori irreparabili per sé e per gli altri.
Credo che quello da combattere sia: l’incoscienza, l’ignoranza (intesa nella non conoscenza della montagna), la non preparazione fisica e tecnica, la mancanza delle attrezzature idonee.
In pratica molti semplicemente si buttano e basta.
E questo quello che va vietato, quello che va assolutamente combattuto.
Il non seguire il bollettino meteorologico e valanghe è il primo segnale di incoscienza assoluta. Chi va fuori pista si dovrebbe prima di tutto informare sul livello di rischio valanghe, anche semplicemente chiedendo informazioni al personale degli impianti, e poi decidere di conseguenza.
Il secondo è la mancanza di capacità di interpretare com’è la neve e la tipologia di discesa che si va ad affrontare nella realtà. Anche con un valore del bollettino uguale a 1, cioè debole rischio di valanghe, bisogna lo stesso evitare gli accumuli di neve fresca su pendii ripidi e ventosi. Ma mi chiedo quanti sanno davvero dove si può andare e dove no, dove inizia il pericolo? Bisogna essere quindi capaci di valutare il territorio.
Poi c’è il non seguire determinate regole come l’andare da soli; se si è inesperti uscire solo con una guida esperta come un maestro di sci o una guida alpina; rispettare sé stessi (sapere quali sono le proprie capacità e la propria fisicità) e gli altri evitando di mettersi o mettere gli altri in pericolo; avere l’attrezzatura idonea come l’arva (=apparecchio di segnalazione e ricerca di persone sepolte), la pala, la sonda, il cellulare, il casco… e saperla usare; sapere anche come comportarsi in caso di incidente.
Gli inesperti ci sono, e sono tantissimi, eppure vanno tranquilli ignari di tutto. E impuniti.
Ma se si facesse un’adeguata educazione alla montagna forse qualcosa potrebbe cambiare. Aumentare ed incentivare i corsi specifici riconosciuti, avvicinare i giovani anche tramite le scuole a questa realtà in modo responsabile, far conoscere maggiormente i gruppi organizzati che alla guida di persone esperte e preparate organizzano gite ed escursioni, imparare ad accettare di rinunciare ad un’uscita in caso di condizioni avverse … insomma aumentare ed incentivare davvero l’”educazione alla montagna”.

Nessun commento:

Posta un commento